Il popolo delle Agende rosse per Paolo Borsellino. Caselli: “Via D’Amelio come l’11Settembre”

Non baciamo le mani

Siamo ancora lontani dalla verità sulle stragi, e anche Gian Carlo CaselliProcuratore capo a Palermo dal ’93 al ’99, “non ha elementi” per affermare definitivamente che dietro la morte di Borsellino ci possa essere la presunta trattativa stato mafia. 

Di Andrea G. Cammarata

Diciannove anni passano dal giorno in cui Paolo Borsellino viene ucciso in via D’Amelio, Palermo. La memoria è vivissima anche per i cinque uomini della scorta che con lui hanno perso la vita. E c’è un tempo quindi che non cancella gli anni delle stragi della mafia, mentre i silenzi, le omissioni e i depistaggi, insieme continuano e concorrono nella pagina forse più buia della Repubblica. Perché oggi chi crede e chi non crede nello Stato si è unito con sguardo fermo nella commemorazione prima di un uomo, poi di un magistrato. Un esempio pubblico di dedizione verso lo Stato, per tutti, senza eccezioni. E tornano in mente le parole e il fiato in gola con quel tono della voce, ancora prima della sua morte: “Non solo essere onesti, ma apparire onesti”. E’ quanto di lui ripetono oggi i giovani per Paolo Borsellino, che fu ucciso nel 1992 quando alcuni di loro non erano ancora nati. Oggi da Palermo gli altri messaggi della società civile: “Non ti dimenticheremo mai Paolo!” e si ripete a viva voce un’atra massima del giudice: “chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

Le commemorazioni del popolo delle Agende rosse vedono la fine di tre giorni di dibattiti, manifestazioni, incontri. Un evento cui hanno partecipato anche coloro che sono i rappresentanti di quelle istituzioni, che più che mai oggi restano nell’occhio delle procure.’Trattative’, e non ’trattativa’, di pezzi deviati dello Stato con la mafia: questa è almeno la versione più accreditata, cui le procure di Palermo, Caltanissetta, Firenze, cercano di dare un seguito.

Via Capaci, con la moglie il giudice Giovanni Falcone se ne va. Poi Paolo Borsellino. E perdono la vita in totale otto uomini della scorta . Firenze, altra autobomba, in via dei Gergofili: era il 1993, muoiono 5 persone, fra cui la neonata Caterina Nencioni. 1994, tangentopoli, poi la volta di Forza Italia, tutto si ferma. Il dubbio è come lo ha posto pubblicamente AntonioIngroia la scorsa estate; e pochi mesi prima il pentito Gaspare Spatuzza faceva i nomi di Dell’Utri e di “quello di Canale 5”: la seconda Repubblica blocca quindi misteriosamente le stragi.

Rivenendo al presente, a Palermo nella mattinata: il presidente della Camera, Gianfranco Fini, marziale, poggia una corona d’alloro sul luogo della Strage, alle sue spalle c’è l’abitazione della madre di Borsellino. Roberto Maroni onora invece gli agenti uccisi con una corona di fiori nella caserma Lungaro di Palermo, saluterà poi, oltre che la moglie del giudice assassinato, il fratello di Borsellino, Salvatore, leader delle movimento Agende Rosse. Ma sarà duro, nei dibattiti a seguire, il fratello di Borsellino: “Non vogliamo corone di Stato per una strage di Stato. Presente a Palermo anche il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso. E don Luigi Ciotti, dell’associazione Libera, che dopo essersi raccolto in preghiera sulle radici dell’ulivo di Via D’amelio piantato in memoria di Borsellino, dirà ai cronisti:“proprio qui un anno fa ho incontrato la mamma dell’agente Antonio Montinaro che piangeva perché non era stato ricordato il nome del figlio”. E ci tiene a sottolinearlo don Ciotti che gli agenti “sono morti tutti per la stessa causa”. Presente nel pomeriggio in Via d’Amelio anche la nipote dell’agente di scorta ucciso, Walter Eddi Cosina, Silvia Stener.

Gian Carlo Caselli, nel 1991 membro della commissionie stragi, oggi procuratore della Repubblica a Torino, ha detto, in una telefonata per ’L’indro’, che “le stragi di Via Capaci e via D’amelio sono state come l’11 settembre per gli Stati uniti d’America”, attentando lo Stato con uomini e donne “maciullati da questa esplosione incredibile di violenza criminale che li ha annientati” . Caselli ha poi spiegato che “la mafia corleonese stragista con questi attentati terroristici voleva sicuramente rivolgersi a qualcuno per ottenere qualcosa” ma ci tiene a sottolinearlo: “a chi, e in vista di che cosa, saranno le procure di Palermo e Caltanissetta che proveranno a stabilirlo”.

Secondo il procuratore di Torino: il risultato cercato dagli stragisti corleonesi non poteva che essere uno: fare del nostro Stato uno Stato-mafia, un narco-Stato. E quando il nostro Paese sembrava “in ginocchio”“è tutto finito si pensava”, -continua Caselli- “per fortuna nel ricordo di Falcone e Borsellino e degli uomini e delle donne che erano con loro, abbiamo saputo insieme riscattarci e invece di precipitare chissà dove, eccoci ancora qui a parlare di mafia, avendo ottenuto nel frattempo risultati, certamente non definitivi, ma importanti”.

“Pubblicato Martedì 19  luglio 2011 in esclusiva su L’Indro www.lindro.it e qui ripubblicato per gentile concessione”

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