Di Andrea G. Cammarata
L’attentato dei due kamikaze che si sono fatti esplodere venerdì scorso nell’Accademia militare di Cherchell in Algeria, è stato rivendicato dal gruppo terroristico ‘Al Qaeda nel Maghreb islamico’ (Aqmi). 18 morti e 26 feriti, che confermano le pericolose derive terroristiche nel Maghreb, e alimentano peraltro dubbi sulla reale identità degli insorti libici, almeno stando a un’approfondita analisi proposta ieri da ‘Le Parisien’ e ‘Afp’.
“Regalo dell’Id al-fitr (giorno di chiusura del ramadan)”, è intitolato macabramente il comunicato di rivendicazione da parte di Aqmi, diffuso domenica scorsa, nel quale il firmatario “Salah Abou Mohammed, responsabile dell’informazione dell’organizzazione Al Qaeda nel Maghreb islamico” indica l’Accademia di Cherchell come il “luogo simbolo del regime algerino”. L’attacco dei due kamikaze è avvenuto alcune decine di minuti dopo la fine del digiuno islamico, esattamente alle 19 e 50 del 26 agosto. L’intento dei terroristi è sembrato quello di volere decimare gli ufficiali che si stavano accingendo, insieme agli altri militari, alla cena nella mensa della scuola militare.
Istituita nel 1942 dai francesi, L’Accademia ‘interarmes’ di Cherchell forma l’élite militare del Paese, ed è situata a poche centinaia di chilometri da Algeri nella ex-Cesare, città dell’antica Roma imperiale. Il commento di un analista, apparso oggi su ‘Le Soir d’ Algerie’, indica Cherchell come un obiettivo sensibile che rappresenta sia il potere Algerino ma anche quello internazionale, perché ha storicamente una posizione geopolitica di rilevante interesse, e ad esempio nella seconda guerra mondiale “servì da base aerea per le forze del’US Army”.
Poi nel dibattito algerino inerente l’attentato, si stagliano anche i dubbi su una possibile collaborazione di Aqmi con il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) libico. Perché già da diversi mesi i rapporti fra Algeria e Cnt sono severamente incrinati, e il governo di Algeri è accusato dagli insorti libici di sostenere Gheddafi poiché non ha ancora riconosciuto ufficialmente lo stesso Cnt, né ha mai domandato il ritiro del Colonnello. In più il Cnt accusa l’Algeria di avere messo al servizio di Gheddafi una truppa di mercenari, ciò nonostante Algeri abbia più volte in risposta “smentito” le accuse. Sulla questione dei contractors potrebbe esserci un’ipotesi di movente dell’attentato terroristico all’Accademia di Cherchell da parte di Aqmi, che avrebbe quindi colpito la scuola militare per fornire indirettamente aiuto agli insorti libici, ma è solo una nostra supposizione.
Ieri il porta parola del Cnt, Ahmed Omar Bani, a riguardo della questione algerina ha detto con tono di sfida che il Cnt fa una “distinzione fra il grande popolo algerino e il governo algerino. Gli algerini ci hanno riconosciuto come combattenti per la libertà e liberatori del nostro paese”, e ha aggiunto che “verrà il giorno in cui i dirigenti algerini dovranno prendere atto della loro attitudine nei confronti dei rivoluzionari libici.”
Di fatto la confinante Algeria nel corso del conflitto in Libia ha sempre mantenuto una posizione neutrale; come l’Italia ha fatto inizialmente con la politica estera Berlusconi/Frattini: del primo i “non voglio disturbare Gheddafi” e dell’altro i noi “non esportiamo democrazia” [Espr3]. Lungi così da qualsiasi ingerenza nel regime libico entrambi i governi sono stati accusati dall’opinione internazionale di “pochezza” o “eccessiva prudenza” – è più diplomatico – ma lo sappiamo, comunque, l’Italia quanto a incoerenza in belligeranza ha un record storico.
Tornando all’ex colonia francese, si stanno intanto accumulando sospetti sulla fuga di Gheddafi in Algeria, ciò nonostante le ripetute smentite di Algeri che ha negato il passaggio, venerdì scorso, in territorio algerino di un convoglio di sei Mercedes con a bordo il Colonnello e la sua famiglia.
“Pubblicato in esclusiva su L’Indro www.lindro.it e qui ripubblicato per gentile concessione”
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