To Serbia. La strada per Niš

Balcani, Poesia e storie

Autostrada per Nis

Un anno passerà di lutto prima del nostro matrimonio. 

(Modo serbo)

Di Andrea G. Cammarata

Un sonno allucinatorio mal consola il risveglio presto, forzato. La mattina ora avvolge Pola in un cromo scintillante, l’aria è fresca. E sei già lontano, dentro la berlina bianca che oscilla sulle gomme sgonfie costeggiando le strade a ridosso del confine bosniaco. Oltre c’è una digestione affannata, che offusca la mente dal giorno prima. Chili di sardoncini, marinati non sai dove, e duri a dimenticarsi.

Cominci, è un nuovo “On the road”, tutto quasi europeo, insipido e nichilista. Conti le aquile appollaiate in sequenza sui pali dell’autostrada. Non sono, come credevi, avvoltoi.  Ma oscuri blasoni che impongono follemente, e ancor di più, l’alterigia dell’Est.

Un viaggio verso Belgrado e poi Nis, non termina mai. Oltre il migliaio di chilometri che separano dalla meta, il territorio è identico a se stesso in ogni suo centimetro, un loop continuo ossessionante. Rari campi coltivati, prateria, gruppi di alberi che crescono giovani appena lontano gli uni dagli altri. Simboli identici, simboli naturali, in dono alle nazioni della Penisola, le cui popolazioni, pur parlando la stessa lingua, sono così divise.

Foresta slava soffusa che permea il territorio nei vasti orizzonti, mentre il verde militare delle chiome degli alberi contrasta fra un cielo eterno il giallo della pianura secca di erbacce. Incontrerai solo un animale morto, la cui carcassa giace lungo la strada. E giacerà orribile nella mente. Sterzante e incubata mente. Quindi: sei solo e i pensieri ti lasceranno, i pensieri ti abbandonano normalmente, e tu infine lasci te stesso: solo. Perché i pensieri finiscono in un autogrill Marché, francese. E assaggi un pain au chocolat  per qualche dinaro, mentre il fumo delle sigarette serbe, bianche e affusolate, come quelle dei bambini che si mangiano, ti soffoca. Fumo e aria, ovunque.

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